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EPICA – The Phantom Agony

Talvolta è difficile stabilire se un ricordo faccia capo ad un evento realmente accaduto o se sia frutto dell´immaginazione, di una distorsione dell´umano pensiero.

L´”Agonia di una illusione” è la condizione che popola il pensiero di molti: vivere nella costanza di un delirio onirico ed essere convinti che la vita sia solo una facciata.

Tutto questo e molto altro è mirabilmente esposto dagli “Epica”: meravigliosi cantori di emozioni, che intessono preziose trame strumental-vocali, sapientemente amalgamate dal gusto neoclassico del leader Mark Jansen (peculiarità che fu alla base della sua dipartita dagli “After Forever”).

Pomposi cori (impreziositi da inserti in latino), ampie orchestrazioni e poi la voce: Simone Simons (qui diciottenne) è la perfetta sintesi di talento e leggerezza, bellezza e profondità di canto lirico, che alterna, senza esitazione alcuna, a quello moderno. I suoi duetti con il growl di Mark sono l´essenza di una delle colonne portanti del lavoro: l´antitesi tra il male oscuro e la ricerca della verità.

Ma per capire a fondo lo sforzo e la cura che hanno accompagnato la fattura di questo lavoro, l´ideale sarebbe gustarsi il dvd “We Will Take You With Us”, una sorta di “make of ” dell´album in cui si possono apprezzare la competenza e l´armonico sforzo congiunto della band nel portare avanti un progetto ambizioso e complesso.
“The Phantom Agony” è un concept avente per theme “The Embrace That Smothers”che si sviluppa nelle parti IV, V e VI : i primi tre episodi furono scritti da Mark quando faceva ancora parte degli “After Forever”: si trovano nell´album “Prison Of Desire” e, precisamente, nei brani “Leaden Legacy”, “Follow In The Cry” e “Yeld To Temptation”.
La tematica centrale non è banale: quando l´uomo capirà che esiste un solo Dio, solo allora si avrà una religione unica e tutte le guerre a sfondo religioso termineranno.
Si tratta, forse, di un´utopia, ma i nostri artisti sono convinti che valga la pena crederci.
Tuttavia, per il momento, l´umanità è ancora stretta nelle spire dell´´”Abbraccio Che Soffoca”: una costrizione che scaturisce dalla cecità dell´integralismo in ogni sua forma, dall´omertà e dal conformismo a canoni precostituiti.

Questa sorta di viaggio nei più angusti anfratti dell´animo umano si dipana in 9 “tappe”.

“Adyta” è il preludio a “The Embrace That Smothers”: un brano con liriche in latino scritte da Simone. Qui le tinte fosche e sommesse unite ad un misticismo quasi religioso forniscono un preciso indizio circa l´indirizzo dell´intera opera.

Il concept viene, talvolta, inframmezzato da brani trattanti tematiche di vario respiro.
E´ questo il caso di “Sensorium” in cui i “nostri” riflettono su un interrogativo coinvolto nel quotidiano vivere: esiste il caso? E, di riflesso, quanto è ampio lo spettro di azione del libero arbitrio umano?
Chitarre e tastiere diffondono inizialmente un´atmosfera ossessiva e malinconica. Poi irrompe Simone con un appropriato mix dei suoi due stili di canto a cui fanno da cornice orchestrazioni e cori in inglese.

Poi è la volta di “Cry For The Moon” primo brano della saga “The Embrace That Smothers”.L´idea è che anche dietro all´approdo sicuro di una figura religiosa può nascondersi il male.
La bontà (in astratto) dei principi religiosi può essere vanificata dalla perversione degli uomini, che qui assume i contorni della tristemente attuale pedofilia sacerdotale. L´accusa mossa è l´omertà da parte delle istituzioni religiose ed il loro tentativo di insabbiare la verità
L´inizio cadenzato che accompagna la voce di Simone lascia ben presto il posto ad un ritmo incalzante reso cupo dal growl di Mark. Da apprezzare, sicuramente, i giochi di voce della cantante che mostra grande maturità nell´interpretare il brano.

La prima ballata dell´album non lascia certamente delusi: “Feint” è un disperato canto di giustizia che si alza contro la repressione della libertà di pensiero. Trae spunto da un reale fatto di cronaca: l´uccisione di un uomo politico olandese. L´andamento compassato che pervade il brano ha un sussulto finale in cui si avverte quasi una rivalsa nei confronti dell´ingiusto “assassinio” delle opinioni. Il senso di liberazione viene tuttavia smorzato dall´amara considerazione che tutto ciò avrà una conseguenza: una “pagina nera” nella Storia macchierà, inevitabilmente, la successiva.

Viva ed incalzante è “Illusive Consensus”.
Questo brano si scosta un po´ dal trend dell´album: tematica centrale è la lenta, ma inesorabile, trasformazione dell´amore tra due persone in odio.
Si parte con un´alternanza tra “lirico” e “moderno” di Simone che una volta di più dimostra il suo eccezionale talento nei rapidissimi cambi di stile.
Belli, poi, i passaggi corali in latino della seconda e terza strofa a preludio di un vivace cambio di ritmo, che sfocia nel gradevole ritornello.

Il concept prosegue poi con “Façade Of Reality” che tratta la drammatica vicenda dell´11 settembre.
In questo caso il fondamentalismo religioso viene visto come strumento attraverso il quale rafforzare il potere politico sfruttando “martiri” della fede disposti sacrificare la propria vita in nome di “presunti ideali religiosi”. Il brano ha un inizio ancor più sostenuto del precedente e svolge la propria trama sul continuo intreccio tra orchestra, cori, voce di Simone e growl di Mark, in una alternanza rotta solo dall´inserto delle dichiarazioni di Tony Blair, a commento dell´attacco terroristico.

Poi è la volta di “Run For A Fall” una ballata estremamente introspettiva: riguarda la dolorosa separazione di Mark dagli “After Forever”. Dal testo emergono tutte le delusioni maturate in seguito alla prematura dipartita, causata per lo più da differenze di vedute circa il tipo di sound che la band avrebbe dovuto abbracciare. L´iniziale quiete che contraddistingue il pezzo esplode improvvisamente in un tripudio di orchestrazioni, cori e growl, che termina lasciando spazio ad un pacato finale.

“Self Al Din” chiude il ciclo “The Embrace That Smothers” e tratta la tematica del fondamentalismo religioso in ogni sua accezione. E´, probabilmente, il pezzo più “cattivo”, solo apparentemente ingentilito da venature orientali nel sound e nelle escursioni vocali di Simone. L´aggressività si fonde a meraviglia con pause ad ampio respiro, in cui si assaporano momenti di forte drammaticità, acuita da solenni orchestrazioni.

Ma è forse l´ultimo brano il grande capolavoro degli Epica, una vera e propria lezione di musica sinfonica.
La chiusura di questo straordinario album non poteva essere da meno rispetto allo standard apprezzato fin qui.
La title track “The Phantom Agony” è una deliziosa suite che proporne una “summa” dell´incredibile talento della band.
L´inizio appena sussurrato sia nel sound che nel testo lascia repentinamente il posto agli incalzanti archi che preludono l´entrata del coro. Un canovaccio di cori in latino ed inglese, growl e canto di Simone, il tutto incastonato in orchestrali maestose ed evocative al tempo stesso.

Commovente il tratto interamente strumentale che conclude il brano. Letteralmente da brividi.

La cosa che più stupisce in una traccia così ricca e complessa è che ogni cosa è “al suo posto”: ogni fase (cori, voce di Simone, strumenti, growl) sembra studiata nei minimi dettagli ed il sublime amalgama induce l´ascoltatore a sognare ed a lasciarsi trasportare in un mondo surreale.

Da ascoltare a ripetizione e senza mai stancarsi.

Dopo un così immaginifico viaggio come si potrebbe degnamente concludere?
Forse dicendo che un debutto del genere è il sogno di ogni band: mi sono sforzato nel trovare difetti all´album, ma onestamente non ho rilevato pecche evidenti. L´unico appunto che qualcuno potrebbe muovere è la mancanza di assoli. Ma la mia risposta sarebbe che in un album con questo tipo di fattura l´assolo equivarrebbe al proverbiale “pesce fuor d´acqua”: la forza di questo capolavoro è l´unione di pezzi di un puzzle che si incastrano magicamente.
A questo si aggiungono l´alto rango delle tematiche trattate, le liriche mai banali nella semantica e l´utilizzo di frammenti latini e termini inglesi molto ricercati.

Che dire di più?

Avanti così e che la ricerca della perfezione non abbia mai fine…

Voto: 9,5

Fonte: Luca – “Gothic Sensation”

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