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Live Report SOMMARIO

DARE, Milano, 12/05/19 – Trent’anni di “Out Of The Silence”!

DARE+High Tide+ Even FlowLegend Club@ MilanoDomenica 12 Maggio 2019

Più che un concerto, quello che stasera va di scena al Legend Club di Milano, è un vero e proprio appuntamento con la storia della musica, almeno per ciò che concerne l’Hard Rock/AOR melodico. I Dare, fondati nel lontano 1984 a Oldham (Inghilterra), per volontà’ di Darren Wharthon (ex tastierista dei Thin Lizzy), e del chitarrista Vinny Burns ( entrambi nella line-up attuale), sono da sempre una delle bands cardine e più rappresentative in assoluto per gli amanti delle sonorità più soft e raffinate del genere melodico che, per l’occasione del 30 esimo anniversario, portano in giro per l’Europa buona parte del loro disco più rappresentativo e famoso, ovvero quell’innarivabile debutto intitolato “Out Of The Silence”, di cui sentiremo alcuni estratti nella seconda metà del concerto, mentre la prima fase lascia spazio ai lavori più recenti, molto interessanti, ma sicuramente meno affascinanti dei primi due che catturano infatti un po’ meno l’attenzione del pubblico presente al Legend stasera in buona rappresentanza anche se era lecito attendersi qualcosina di più onestamente, vista la caratura dei personaggi in questione, sommata ai tanti anni di assenza dei Dare dalle nostre parti. Ad affiancarli in questa unica data italiana in programma, vengono inseriti i sassaresi Even Flow in apertura, incalzati dai tedeschi High Tide subito dopo di loro: sono risultati essere stati entrambi un’ottima scelta per riscaldare al meglio l’atmosfera , peraltro poco primaverile pure climaticamente parlando. Suoni e luci come sempre perfette al Legend Club che, grazie anche a un bellissimo lavoro di recente ristrutturazione dove balza all’occhio un ampio e nuovo accogliente giardino esterno, è diventato un vero e proprio salottino musicale nel cuore di Milano. Un sentito grazie per averci ospitato alla Truck Me Hard, in particolare alle persone di Aldo Lo Nobile ed Alessandro Del Vecchio, due veri signori d’altri tempi, sia per l’accoglienza che per la disponibilità dimostrata nei nostri confronti, dal nostro arrivo nel locale sino alla fine dell’evento.

Even Flow

Quando i sassaresi Even Flow fanno il loro ingresso sul palco, iniziando a proporci i loro pezzi, il Legend è ancora piuttosto scarseggiante di pubblico ed è un vero peccato perché, per quanto visto nel poco tempo a loro disposizione, dimostrano di saperci fare e di aver meritato più partecipazione. Magari il loro genere piuttosto power/ prog e un po’ sostenuto (a tratti vagamente power metal puro), non si sposa molto con il tema della serata, ma sicuramente non impedisce loro di fare bella figura e di riscuotere meritati consensi. Del loro, ad ora, unico album inciso, intitolato “Life Has Just Begun”, ci faranno ascoltare cinque pezzi, dove sicuramente ha spiccato “Oblivion”, penultimo brano posizionato quasi in chiusura, dove si sono distinte le qualità vocali non indifferenti di Marco Pastorino, che peraltro in questo progetto si avvale della preziosa collaborazione di un altro collega della sua band principale, i Temperance, ovvero Luca Negro, talentuoso bassista, che sicuramente insieme danno una marcia in più agli Even Flow, risaltando e impreziosendo al meglio il lavoro dei fondatori, i fratelli Lunesu, ( rispettivamente chitarra e batteria). Le tastiere come basi pre-registrare, anche se ne comprendo la necessità dell’uso a volte, sono una soluzione che non mi ha convinto molto, perché preferisco sempre la musica suonata dagli strumenti, nonostante nel caso degli Even Flow non penalizzi assolutamente il risultato finale e il mio giudizio più che positivo. Il loro hard’n’heavy prog/power di grande impatto, come apripista della kermesse, come “aperitivo” in attesa dei Dare, è stata una scelta quantomai gradita che ci ha permesso di scoprire una nuova band di sicura prospettiva futura.

Setlist:

“Alternative State Of Mind”
“Come To Life”
“Secret Prayer”
“Oblivion”
“Infinity”

High Tide

Con i tedeschi High Tide si cambia decisamente marcia, e ci si addentra maggiormente su sonorità più a tema. I cinque simpatici ragazzotti germanici, eleganti ma molto poco vichinghi, capitanati da un biondo longilineo e scalzo vocalist con un look vagamente anni 70 da vero figlio dei fiori, propongono un rock/aor a forti tinte bluesy, dolce, raffinato ed efficace, dove le tastiere svolgono un ruolo primario nel sound degli High Tide. Sicuramente il loro show è stato di grande intensità e gradevole, dove hanno saputo interagire simpaticamente con il pubblico, sfatando il mito della freddezza e dello stacco quando si parla di gruppi nord europei. Lo stesso leader carismatico, tale Alexsander Kuehner (precedentemente citato), per l’ultimo pezzo e’ sceso dal palco e si è “confuso” cantando in mezzo a noi, conquistando il cuore di molte girls visibilmente affascinate (a ragione). L’unico appunto che mi sento di smuovere agli High Tide è che manca forse un po’ di grinta e di velocità ai brani nel loro repertorio perché, nonostante gli otto pezzi sentiti siano risultato gradevoli, hanno tuttavia evidenziato una certa staticità e mancanza di spinta. Con un pizzico di maggior carica, consapevolezza dei loro mezzi e di “coraggio” di potenziare la loro musica, credo che gli High Tide si potranno attestare tra le nuove promesse e tra i futuri ricambi generazionali internazionali per quanto concerne questo tipo di sound.

Setlist:

“Untamable”
“On My Way Down”
“Sunset”
“For The Sky”
“Dream Of Tomorrow “
“Make Love”
“Not The One”
“Dear Fear”

Dare

Ed eccoci finalmente giunti al momento topico. In un Legend ora finalmente quasi pieno in ogni angolo, i Dare del mitico Darren Wharthon entrano in scena e tra un tripudio di applausi e di facce estasiate, iniziano il loro show, fatto di poche chiacchiere e tanta sostanza. L’Italia non li ha mai dimenticati, nonostante l’assenza prolungata nel nostro Belpaese, ma anzi, al contrario, ha sempre molto amato la band inglese e loro hanno prontamente contraccambiato il nostro grande affetto, interagendo, intrattenendoci e regalandoci tanti simpatici sorrisi di approvazione continuamente. Concerto suddiviso equamente in due parti, la prima rivolta alle produzioni più recenti, la seconda interamente ad “Out Of The Silence” (di cui ricorreva il 30esimo anniversario come precedentemente detto – n. d. r.) e a “Blood From Stone”, i due capolavori inarrivabili del passato, dove i fans dimostrano in verità maggior gradimento e attaccamento durante la loro esecuzione. A ragion del vero, va detto anche che la maggior parte del pubblico era costituito da ultra quarantenni che sicuramente sono più legati nostalgicamente a quel preciso periodo storico. Darren Wharthon è un vero gentleman e un consumato frontman, dotato di un’ugola che non conosce età ne’ ostacoli sul suo cammino, e per quanto visto e sentito si potrebbe definire una sorta di Highlander, un vero immortale! Se da una parte infatti abbiamo le canzoni senza tempo dei Dare, dall’altra c’è un’uomo anagraficamente non più ventenne da molti anni or sono, con una estensione vocale però così potente, cristallina, e dannatamente pulita, che la prova del tempo sembra non averlo scalfito di un millimetro. Solo osservandolo fisicamente ci si accorge di una corporatura leggermente appesantita nel tempo e la riccia, ma ancora folta, chioma inevitabilmente imbiancata, altrimenti, chiudendo gli occhi e ascoltandolo solamente la sua voce inconfondibile, si ha la percezione di ascoltare un disco più che un live. Oltre all’immortalita’ di Wharton, non possiamo non citare l’apporto tecnico dato dal veterano chitarrista ex dei Ten,Vinny Burns, e dal talentuoso, barbuto bassista Nigel Clutterback, che uniti alle performance di Nigel Roberts alle tastiere e alla batteria di Kevin Whitehead, rendono compatta, coesa, affiatata come una famiglia la loro macchina perfetta denominata Dare! Dei brani più recenti proposti, sicuramente “Until”, “Days Of Summer” e “Sea Of Roses” sono risultate le più suggestive, ma il bello deve ancora venire. Dopo averci deliziato il palato con un’immancabile cover al fulmicotone di “Emerald” dei Thin Lizzy, che celebra al meglio i trascorsi di Wharthon quando ricopri’ il ruolo di tastierista nella band irlandese, ci si avvia verso l’attesa fase finale, dove “Wings Of Fire” da il via al viaggio a ritroso nel tempo, seguita dalla celebre “We Don’t Need A Reason”, dove il coro è stato praticamente cantato dal pubblico a questo punto letteralmente in delirio. “Abadon” e “Into The Fire”, sono altri due classici della discografia dei Dare immortali, esattamente come abbiamo definito Darren Wharthon, capostipite e portabandiera incontrastato dell’AOR mondiale, che, come un donatore di serpenti, ha magicamente incantato tutti, anche i più esigenti e scettici, offrendo una prestazione sopra le righe e ben oltre le più rosee attese della vigilia. “Return The Heart” (ultimo brano dei tre bis extra), pone fine a un’ora e quaranta abbondante di vera musica di classe, di quella con la M maiuscola, che non ha etichette predefinite e non conosce confini spazio-temporali, virtù riservata oggigiorno a pochi eletti come i Dare, signori dell’AOR che rientrano sicuramente in questa categoria privilegiata!

Setlist:

“Home”
“Until”
“Days Of Summer”
“On My Own”
“Every Time We Say Goodbye”
“Sea Of Roses”
“Where The Darkness Ends”
“Emerald” (Thin Lizzy cover)
“Beneath The Shining Water”
“Wings On Fire”
“We Don’t Need A Reason”
“Abadon”
“Into The Fire”
“The Raindance”
“King Of Spades”
“Return The Heart”

Fonte: Report: Alessandro Masetto – Foto: Rita Rose Profeta

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